A piedi da Roma a Monte Sant’Angelo parte 5
Ancora il giorno dopo si riparte, alla volta di Formia. Passando per Fondi sosto un attimo al monastero francescano per mettere il timbro. Il sacrestano non sapeva più cosa offrirmi: acqua, cibo, immagini votive, candele. Mi dice di stare attenta, che la gente non è tutta buona. Come potevo spiegargli che chi è su un cammino porta con se un’aura particolare e che ero sicura che niente di brutto mi sarebbe potuto capitare?! Resto in silenzio. Poi lo saluto e vado. Cammino per un tratto sull’antico basolato di Via Appia, prima di raggiungere Itri, e penso a quanti anni di storia scorrono sotto i miei piedi. Un senso di immensità mi pervade. Dopo una sosta pranzo con ricotta e biscotto napoletano continuo a camminare per le campagne, circondata da muretti a secco. Mi sembra di stare quasi in Salento, a casa. Il sole caldo misto a qualche leggera goccia di pioggia. Ancora un momento di magia sulla mia testa. Un lungo pezzo di Appia Nuova mi aspetta.
ia Sono lontana ancora 6Km da Formia e i piedi fanno male. Decido di fare l’autostop. Si ferma un ragazzo poco più avanti. Lo raggiungo arrancando gli ultimi passi. E’ al telefono. Gli chiedo di accompagnarmi fino a Formia. Lui mi dice si. Salgo in macchina e il giovane serbo comincia a farmi una serie di domande private, classico degli uomini. La situazione non mi piace molto e non vedo l’ora di scendere da quell’auto. Entriamo dentro Formia e l’uomo prende una strada in cui leggo le indicazioni “Napoli-Roma”. Con la lucidità di chi ha capito le intenzioni dell’altro apro la portella, costringendolo a fermarsi. Scendo, prendo il mio zaino e lo ringrazio per avermi aiutato. Mi avvio alla ricerca della Caritas, dove avevo telefonicamente accordato un appoggio. Arrivo sotto il portone alle 20. Il direttore mi fa entrare e mi accompagna alla mensa. Al tavolo una donna rumena, un indiano e 4 italiani.
Ci servono della pasta con le lenticchie e una coscia di pollo. Io non mangio carne, ma quel giorno l’ho mangiata. Mi sentivo così fortunata in quella situazione, pensando alle storie che, silenziosamente, ognuno dei commensali si portava dentro, che mi sembrava di disonorare una benedizione rifiutando il cibo che caritatevolmente mi era stato offerto. Un grande senso di gratitudine verso questa gente che ogni giorno si occupa delle persone disagiate e in difficoltà. Un grande senso di gratitudine verso l’Universo per avermi dato la possibilità di trovarmi in questa situazione che mi ha portato a meditare.
La mattina dopo riparto. Oggi voglio arrivare a Sessa Aurunca. Il cielo è grigio. Dopo due ore sono nei pressi del cimitero inglese. Non mi importa molto degli inglesi, ma il richiamo del manto erboso è irresistibile, così decido di entrare a dare un’occhiata. Pochi istanti dopo viene giù acqua a secchiate dal cielo. Il mio amico pino (non Pino), ma uno degli alberi di quel giardino, con la sua folta chioma mi fa da ombrello. Attendo che il nonno vento con il suo soffio di vita allontani quest’acqua benedetta, portatrice di sollievo per le piante e per questa terra arida. Saluto con un abbraccio pino e mi dirigo a Minturnae, dove la cinta muraria visibile dalla strada e l’anfiteatro romano mi parlano di antiche storie di uomini e guerrieri valorosi e dove il ponte sospeso sul fiume Garigliano mi regala per un momento un romantico paesaggio. Devo condividere un pezzo di cammino con la rumorosa e trafficata Appia Nuova prima di immettermi per strade di campagna dove i mandorli sono già in fiore. Questo inverno è stato mite e la primavera già bussa alle porte. Ora splende il sole e ne approfitto per una sosta ai margini della strada dove ho per sedia un tronco d’albero tagliato e le galline di una vicina abitazione che razzolano rumorosamente. Riprendo l’asfalto che con una lunga ma dolce salita mi porta a Sessa Aurunca, dove ad attendermi c’è Carmine, un ragazzo appartenente ad una associazione di trekking che avevo contattato su Facebook per avere un aiuto per la sistemazione. Lui, senza conoscermi, si era prodigato e aveva accordato una mia sosta in una stanzetta della parrocchia del paese. Ci incontriamo nella piazza antistante la chiesa. Io non conosco lui, lui non conosce me; ma io sono più individuabile dato il grosso zaino che porto. Ci presentiamo e andiamo a prendere un the insieme. Parliamo del cammino, di sentieri, di montagna, di avventure all’aria aperta. Stupefacente quanto, quando cammini, le persone che ti aiutano, spesso, condividono le tue stesse passioni e come anche se le conosci da solo 10 min ti sembra che siano tuoi amici da sempre. E’ questo il grande dono della natura: ti unisce a tanti tuoi fratelli. Sono contenta di aver conosciuto Carmine, una persona squisita che mi accompagna dal parroco e si raccomanda di trattarmi bene. Il cura mi fa accomodare nella stanzetta adibita a catechismo dove ci sono tutti i banchi e le sedie che ammucchio da un lato per farmi spazio e poter stendere il sacco a pelo a terra. Salto la doccia perché manca l’acqua calda. Riposo un po’ e dopo scendo in parrocchia perché questa sera c’è la celebrazione del cammino neocatecumenale che non ho idea di cosa sia ma mi incuriosisce e voglio partecipare. Mi presento, loro con molta gioia sono felici di avermi lì. Al momento dell’eucarestia, oltre al pane abbiamo bevuto anche il vino: un privilegio per pochi. Dopo la messa una signora mi offre di andare a dormire a casa sua dove avrei potuto usufruire di un letto comodo e di una doccia calda. La ringrazio vivamente ma va benissimo anche la sistemazione che ho, allora insiste per comprarmi da mangiare. Questa volta accetto e andiamo a prendere una pizza insieme che consumerò da sola nella mia stanzetta parrocchiale prima di andare a dormire.
Il mattino seguente Carmine mi raggiunge in parrocchia per offrirmi la colazione e salutarmi prima di lasciare Sessa Aurunca e incamminarmi in un sentiero nel bosco. L’aria è fresca, l’ombra mi lascia solo intravedere i raggi del sole, si affonda nel fango quasi fino alla caviglia ma non demordo e vado avanti, prima o poi finirà. E così mezza infangata sbuco su una strada asfaltata che mi porta a Nocelleto. E’ domenica mattina. Faccio un salto in chiesa. Apro la porta, è pieno di gente. Una ragazza vede il mio zaino e mi fa posto accanto a lei. Alla fine della celebrazione mi racconta che anche lei ha fatto il Cammino di Santiago. Ci prendiamo questo momento per ricordarci rispettivamente dei dolci ricordi del Cammino. E’ splendido sentirsi parte di una grande famiglia: quella dei pellegrini. Riprendo la marcia per strade secondarie di campagna dove un’auto con due uomini a bordo mi accostano e mi chiedono dove sono diretta, esortandomi a stare attenta. Sono le 17 e sto per raggiungere Sant’Angelo in Formis dove ricevo una splendida accoglienza nella basilica benedettina oggi dedicata a San Michele Arcangelo.
Mi sveglio che è lunedì, il sole mi riscalda. Il percorso passa vicino la Reggia di Caserta. Mi concedo un paio d’ore di relax per visitare gli incantevoli giardini e scattare qualche foto a Diana e Venere, poi riprendo a camminare fino a Maddaloni dove sosto per consumare un formaggio primo sale su una panchina. Mentre cerco una fontana per bere chiedo a un paesano cosa fossero i torrioni che spiccavano nella parte alta del paese e mi dice che in quel punto si dice sia apparso San Michele, patrono della città. L’Arcangelo è sempre presente. Avanzo con passo deciso. E’ pomeriggio inoltrato ed è giunta l’ora di fermarsi. Vedo un cartello “Frati Minori”. Vado a chiedere ospitalità. Oggi il convento è adibito ad ospitare ragazze-madri e mi dicono che lì non posso stare. Chiedo se posso montare la tenda nel giardino. Mi viene negato anche questo. Cerco riparo altrove. Poco dopo trovo vicino ad una chiesa un gruppetto di uomini. Manifesto la mia necessità di un posto riparato dove sostare per la notte, anche per terra andrebbe bene. Il parroco mi accoglie, si prende cura di me, mi porta a mangiare fuori. Arrivato il momento di andare a dormire, un piccolo “inconveniente”. Il giovane padre mi invita ad andare a dormire nel comodo letto in sua compagnia, invece di stare a terra. Lo ringrazio fraternamente per essersi prodigato e per tutto quello che ha fatto per accogliermi nel miglior modo possibile. Aveva già fatto abbastanza per me e non mi sembrava il caso di continuare a preoccuparsi …
Il mattino seguente mi presento in un bar con due uova fresche (ci vuole coraggio!) chiedendo un caffè in cui ci tuffo le uova e dello zucchero per cominciare la giornata con una carica esplosiva. La salita che da Montesarchio arriva a Benevento, infatti, è impegnativa. Il sudore e i lenti passi quasi rendono inevitabile il volgere lo sguardo sui monti che si aprono davanti a me. Monti a non finire e verde riempiono i miei occhi. E’ una giornata stupenda. Arrivo a Benevento dove ad aspettarmi vicino al duomo c’è Enzo un signore del Cai con cui avevo avuto dei contatti telefonici mesi prima per un trekking in Salento. Il mio passaggio da Benevento mi sembrava una buona occasione per conoscerci di persona, così lo avevo contattato qualche giorno prima trovando da parte sua molta disponibilità nel ricevermi. Enzo mi porta a casa sua, dove la moglie Maria aveva preparato una cena in stile pranzo nuziale. Mi hanno messo a disposizione la camera della figlia che non vive più con loro. Ho dovuto discutere un po’ con la signora Maria perché io volevo dormire nel sacco a pelo per non sporcare le lenzuola e non recare troppo disturbo ma lei ha insistito e alla fine ho ceduto. Dopo la doccia io, Enzo e Maria parliamo di trekking, di montagna e scopriamo di avere in comune anche la passione per la campagna e per l’agricoltura, per le erbe spontanee. Persone appena conosciute, ma la semplicità e la genuinità di questi incontri sono simbolo di un vero amore incondizionato, di una vera fratellanza, di un autentico amore verso il prossimo. Cose che, inevitabilmente, ti fanno gioire, di una gioia pura, di una gioia semplice, come la bontà sincera dei miei due nuovi amici. Maria dopo la cena mi prepara anche il pranzo per il giorno dopo … Che altro aggiungere?!
Per leggere il racconto della prima parte: La Via Micaelica parte1
Per leggere il diario della seconda parte: La Via Micaelica parte2
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Per leggere il racconto della quarta parte: La Via Micaelica parte4