La Via Micaelica il cammino dell’angelo Michele


A piedi da Roma a Monte Sant’Angelo parte 6

Dopo la colazione e i saluti mi incammino per Buonalbergo. La giornata è splendida e la tappa non tanto lunga. Ne approfitto per fare delle lunghe soste in mezzo ai prati verdi, dove a regnare sono gli ulivi e l’aria salubre. Poso lo zaino e ammiro il panorama. Approfitto della pausa relax per leggere qualche pagina del libro che mi portavo dietro. La Via Micaelica il cammino dellangelo MicheleUna coccinella sale sul mio braccio e capisco che basta così poco per sentirsi felici; basta sentirsi in armonia col Creato e recuperare quel rapporto di interazione con la Natura per essere in pace con se stessi e con il mondo. Il mattino seguente mi sveglio presto. Le nuvole grigie non sono di buon auspicio. In poco meno di un’ora ne ho la conferma. La traccia gps mi ha mandato nei pressi del Ponte del Diavolo, dove non c’era praticamente sentiero e mi sono ritrovata con le scarpe affondate nel fango e, secondo la traccia, anche il fiume in piena da guadare. Eh … la Francigena del Sud è ancora tutta da inventare, per poterla rendere fruibile non solo nei 3 mesi estivi. Per svincolarmi dall’incresciosa situazione sono costretta a puntare sulla strada asfaltata; comunque dopo pochi km di asfalto la situazione non cambia. Il tracciato continua a mandarmi per sentieri fangosi e impraticabili e capisco che questo è uno di quei giorni in cui il cammino ti mette alla prova per misurare la tua forza mentale, per rafforzare le tue motivazioni ad andare avanti. Continuo a ripetere nella mente come un mantra: “E’ quando sono debole, che sono forte”. E così mi do animo per proseguire, a tratti galoppando nelle pozzanghere, fino a trascinarmi con tutte le scarpe e i pantaloni sporchi fino a Celle San Vito, dove la signora Maria, che gestisce un agriturismo a conduzione familiare, mi accoglie senza farmi pesare il fatto di essere arrivata in condizioni indecenti; anzi con l’amore di una madre mi lava scarpe e indumenti e mi cucina la cena che consumerò insieme a lei ed i suoi figli. La notte la passo quasi in bianco perché le raffiche di vento forte smuovono in continuazione il tetto in costruzione della stanza che mi è stata assegnata. La mattina dopo però un caldo sole primaverile mi da voglia di camminare e così alle 10:30 sono già a Troia. Qui mi aspetta Michele, uno dei più conosciuti camminatori della Puglia. Non ci conosciamo ma ho avuto il suo numero dall’associazione degli Hospitaleri volontari, di cui faccio parte e l’ho contattato perché potessi rimanere a dormire nell’unico ostello del pellegrino che abbiamo in Puglia. Incontro Michele alle porte di Troia, con un sorriso sulle labbra che lascia trasparire una certa emozione. L’emozione che solo un camminatore può provare, nell’accogliere un altro pellegrino. Dopo avermi offerto il caffè chiedo a Michele di accompagnarmi ad uno sportello bancomat poiché non ho più denaro con me, neanche per il prossimo caffè. Al momento del prelievo: errore carta! Riprovo. Stesso risultato. Capisco subito che la carta si possa essere smagnetizzata il giorno in cui il mio zaino rotolò nel fiume e con l’acqua sicuramente sarà successo qualche inghippo. Non sapevo come risolvere la situazione ma non mi sono lasciata prendere dallo sconforto né dal panico. Senza che io chiedessi niente, Michele preleva con il suo bancomat del denaro e me lo porge. Sono ancora incredula di come una persona appena conosciuta possa avere una fiducia così grande in qualcuno che ha visto per la prima volta da meno di un’ora, tanto da dargli 200€. Non so pensare a niente di diverso dal fatto che questo incontro sia stata l’ennesima benedizione, l’ennesimo aiuto misterioso ma consapevole, dal cielo. Il mio benefattore mi accompagna a visitare la magnificente cattedrale e l’ostello del pellegrino. E’ ancora molto presto e gli comunico che voglio continuare a camminare fino a Lucera. Con la libertà di chi è libero dentro, Michele accoglie il mio cambiamento di programma e prima di salutarmi in un fraterno abbraccio mi indica un posto dove potrò sostare per la notte. I panorami della Capitanata, un incanto di verde, giallo, ulivi, fiori di ciliegio e mandarlo, in un bagno di sole. In questo clima di gioia, pensando all’incontro provvidenziale con Michele, arrivo a Lucera, dove, dopo essermi sistemata, approfitto del pomeriggio per fare un giro del centro storico, con la sua cattedrale, il monastero di San Francesco Fasani e la fortezza del castello. Proprio dal castello, il mattino seguente, riparto. Devo arrabattare un po’ tra gli alberi prima di riuscire ad individuare lo sterrato che mi conduce in mezzo a sconfinati campi di grano dal verde acceso, di quel grano che asseconda il vento, quel grano che meglio dell’uomo accoglie e accetta le turbolenze della vita, senza opporgli resistenza e cresce insieme a tali forze; quel grano che un giorno diventerà nutrimento per il nostro corpo. Per me, nell’istante in cui lo guardo, è già nutrimento per l’anima. Con questi panorami aperti e sconfinati, dove i miei occhi si perdono nell’infinito, arrivo a San Severo con un grande senso di pace interiore. Qui mi accoglie Don Giovanni che, contrariamente dal nome, è un uomo molto spirituale, discreto e semplice. Gioca a carte con un gruppo di giovani nel pomeriggio, prima di celebrare la messa. Si percepisce che è ben voluto dalla sua comunità. Il Bene, la Verità, arriva sempre … Stasera ho a disposizione anche una cucina; ne approfitto per prepararmi qualcosa di caldo da mangiare visto che da diversi giorni non mangio cibo cotto. Il mattino seguente mi sveglio che è domenica. Mi trascino giù dal letto prestissimo perché voglio arrivare in tempo per la messa al santuario di Stignano, da sempre luogo di passaggio per i Sammechelere, i pellegrini diretti al santuario di Monte Sant’Angelo. Don Giovanni mi ha detto che già da diversi anni il monastero non è più abitato, ma ci vanno solo la domenica dei frati a celebrare la messa. Per oggi ho in mente, quindi, di arrivare a Stignano, vedere la messa e tirare fino al convento di San Matteo. In questo modo arriverò a Monte Sant’Angelo in due giorni anziché tre. Il tracciato mi porta per una buona parte a camminare per uliveti e campagne, prima di lambire alcune masserie dove ho ancora qualche problema con il fango che rallenta la mia foga di fare presto. Ho di nuovo le scarpe infangate e i piedi un po’ bagnati. Nasce in me l’idea di non voler più rischiare di andare per campi ma di procedere sulla provinciale che mi avrebbe condotto più velocemente a Stignano, ma alla fine decido di rischiare e di continuare a seguire la traccia indicata dal gps. Costeggio la stazione di San Marco in Lamis. Al mio cospetto i monti dauni. Il paesaggio è totalmente diverso dai giorni precedenti e capisco che il Gargano è un’altra storia rispetto alla Capitanata e che mi attendevano giorni in salita. Comincio la dolce ascesa che mi condurrà a Stignano, ma inaspettatamente, visto il sole che splende intorno a me, sento dei brividi che mi attraversano tutto il corpo. Partono dalle braccia, fino a scendere alle gambe. Una gioia immensa mi pervade, un grande senso di commozione si insinua dentro me. Non capisco … Che succede? Cosa sta cercando di comunicarmi il mio corpo? Non sto arrivando alla meta, bensì ad un “semplice” monastero. Vorrei capire il perché di quest’attimo di emozione così grande …

La traccia passa vicino a case di pastori, dove pascola il gregge. Molto spesso devo aprire e chiudere i cancelli di filo spinato che i pastori mettono a protezione del bestiame, altre volte è così difficile aprire o slegare questi archibugi che preferisco non perder tempo e scavalcare, anche rischiando di strapparmi i pantaloni al filo spinato e arrivare in chiesa in mutande! Ma non voglio perder tempo, è tardi. Con affanno per le 4 ore di cammino-corsa no stop finalmente sono davanti alla porta. Rallento. Entro in chiesa. La funzione è in atto. Non passo inosservata con uno zaino così grande. A lato dell’altare un folto gruppo di giovani monaci. Scarico lo zaino dalle spalle, tolgo le scarpe e mi accomodo. Canto e celebro il Divino. Alla fine della messa mi si avvicina un giovane frate con un sorriso pieno di gioia dicendomi: “Benvenuta pellegrina!”. Mi racconta di aver fatto il Cammino di Santiago e si lascia trasportare da una serie di bei ricordi indelebili che riesco a leggere sul suo viso. Attendo qualche minuto il Padre prima di chiedergli il timbro sulla credenziale dicendogli che ero diretta a San Matteo perché sapevo che lì a Stignano non ci viveva più nessuno. Lui telefona al convento per accordarmi l’ospitalità dei Frati Minori, poi mi spiega che loro sono i frati della comunità di Piedimonte Matese e che erano stati trasferiti a Stignano da 15 giorni perché la struttura che li ospitava precedentemente aveva subito dei danni a causa del terremoto dello scorso dicembre. Tra una chiacchiera e l’altra è ora di pranzo e mi invitano a consumare del cibo insieme a loro. Affamata e ben lieta di pranzare finalmente in compagnia accetto di buon grado l’invito. Nel frattempo nel chiostro del monastero i frati correvano a destra e sinistra. Li vedevo indaffarati. Senza che io ne capissi niente mi stavano montando un letto e un materasso per farmi riposare dopo il pranzo e avevano acceso l’acqua calda per la doccia. Il pranzo è stata una vera festa. I novizi mi facevano domande a raffica. Percepivo la loro curiosità e la loro gioia di avermi lì. Per rispondere a tutti non riuscivo a mangiare; anche perché la mia porzione era quasi doppia! Avevano deciso di farmi recuperare tutti i kg persi i giorni che avevo poco appetito.

Che dire … mi sono sentita così accolta, così ben voluta, così abbracciata da quella fraternità che ho sentito dentro che il mio posto, quel giorno, era lì. Era lì che dovevo arrivare. “Quando l’Amore chiama, seguilo” recita una citazione di K. Gibran.

Ho trascorso le ore di riposo pomeridiano nel silenzio, nel chiostro, lasciandomi raccontare la storia della vita di San Francesco dai dipinti che, come i timbri sulla mia credenziale, raccontano un cammino. Un cammino di amore per il Creato, per la Madre Terra. Un cammino che mi ha portato ad ascoltare il silenzio dei boschi, il respiro degli alberi, i discorsi dei fratelli uccelli; a sentire la Vita nei fiori, ad osservare ed ascoltare le pietre, a vedere la parte spirituale che risiede in ogni cosa. Riscoprirmi parte di un tutto, di una Unità, sentirmi in sintonia ed armonia con quello che mi circonda. Sia esso una foresta o una comunità di uomini, mi sento di far parte di una grande famiglia: il mondo. E quando percepisci che non hai bisogno di nient’altro per essere felice, se non Sentire quella gioia, quella beatitudine interiore, capisci che sei approdato a te stesso, nella parte più profonda di te. Capisci che ti sei incontrato. E ho capito anche a cosa era dovuta quell’emozione inaspettata e inspiegabile che mi ha pervaso per alcuni attimi prima di arrivare in quel luogo. Era il mio Spirito che mi preannunciava che stavo per incontrare l’Amore.

Mi prendo ancora un po’ di tempo per me stessa, per lasciarmi riscaldare dal sole mentre leggo alcune pagine di un libro. Alle 19 la comunità celebra i Vespri. Non so esattamente di cosa si tratta ma chiedo a Frà Giuseppe il permesso di partecipare. Ancora una volta vengo accolta. Inni e canti alla gioia, alla Vita, all’Amore. Niente di diverso da quello che fanno i nostri fratelli indiani nel bajan o i fratelli buddisti mentre recitano i mantra. Ecco, nel momento in cui si capisce che ci sono differenti vie ma che la Spiritualità è Una sola, solo in questo stato ci si sente parte di una fratellanza universale. Ringrazio questa comunità che mi ha dato l’opportunità di vivere e condividere questo momento di gioia insieme.

Durante la cena ancora festa. I frati ridono e scherzano, si sfottono l’un l’altro. Mi sento grata per quel momento, per avere la possibilità di conoscere l’umanità che c’è dietro chi vive perennemente nella preghiera. Non c’è niente che ci separa. Siamo umani. Uomini, creati per la gioia, per celebrare la bellezza della Vita e perciò Esseri Divini.

La mattina seguente ancora una volta scelgo di partecipare al momento di preghiera delle lodi e dopo la colazione arriva il momento di salutare la mia nuova famiglia. Non prima di aver ricevuto un altro piccolo dono. Una bottiglia di spremuta di arance fresche alla quale c’era legato uno spago con la preghiera semplice di San Francesco ed un biglietto con tutte le firme dei fraticelli. Il cuore pullula di gioia, di una gioia fatta di piccoli gesti.

Ritorno per un attimo sul tracciato di ieri prima di lasciarlo e prendere un sentiero che nella macchia, sale su per la montagna. Da Stignano a San Matteo quasi tutti i pellegrini percorrono la strada provinciale, ma io per me ho scelto un cammino che va soprattutto per boschi, campagne e sentieri sterrati. E’ qui, nel contatto con la Natura che mi nutro del Divino. E’ qui, nel silenzio delle nuvole e nello spazio sconfinato dei panorami che faccio spazio anche dentro me, per ascoltarmi, per trovarmi, per meditare. Il percorso nel tratto iniziale è quasi tutto in salita, si fatica ed il ritmo è lento. Cammino senza un vero sentiero tra i pietroni della montagna, l’incontro inaspettato con due cavalli e un asino. Non hanno paura ed osservano il mio incedere. La giornata è bellissima. Dopo essermi immessa nel bosco della Fajarama,vengo  inondata dalla bellezza del muschio che cresce rigoglioso sulle grandi pietre, calpesto il manto di foglie secche, ascolto solo i miei passi e gli abitanti di quel luogo incantato. Mi sento nel mio elemento. Esco dal bosco e davanti a me, dopo 12,5Km (anziché gli 8 di asfalto) si apre il monastero di San Matteo. E’ stato impegnativo ma che soddisfazione giungere in questo luogo per un sentiero che ti apre il cuore. Ho avuto la conferma che il mio cambio di programma di ieri è stata una manna dal cielo e che se lo avessi fatto il giorno prima, stanca e con la fretta, non ne avrei apprezzato tutti i particolari. Ecco perché ogni cosa accade per una ragione. Ecco perché, camminando, ho imparato a rispettare i miei tempi e ad ascoltare davvero ciò che l’anima mi chiede. Se entrassimo in una dimensione di quiete della mente e imparassimo ad agire nel cuore, la felicità sarebbe così semplice e la vita fluirebbe come una armoniosa melodia.

Suono al portone che è ora di pranzo. I frati mi aprono e mi invitano a condividere il cibo. A tavola racconto un po’ la meraviglia di tutto quello che avevo visto giungendo lì e mostro le foto che avevo scattato. Erano molto sorpresi perché non si immaginavano che intorno a loro ci fossero tali meraviglie. E poi i pellegrini solitamente tutti giungono dalla strada. E’ curioso come a volte la bellezza è giusto a un passo da noi, molte volte sotto il nostro naso, e non siamo in grado di coglierla e di guardarla negli occhi. Dopo il pranzo ed una visita veloce alla chiesa ricevo la benedizione dell’olio di San Matteo e riparto alla volta di San Giovanni Rotondo. Continuo a camminare per la montagna, ancora senza un vero sentiero. Sento i campanacci delle mucche al pascolo, prima di giungere nel punto panoramico più alto, la grotta di Montenero, da dove si vede tutta la città. Arrivo a San Giovanni che ancora non so dove andare a dormire. Citofono a delle suore che senza neanche aprirmi mi dicono che non possono ospitarmi. Con la speranza di sempre telefono fiduciosamente ad un altro ordine di suore che mi dicono si. Arrivata all’istituto spiego che non ho bisogno di molto, ho il mio sacco a pelo e non ho bisogno del riscaldamento. Volevo far intendere che le mie esigenze erano davvero minime ma mi dicono che la camera è standard e mi chiedono 25€ per la notte. Pago un prezzo non proprio pellegrino e non mi lamento. Ieri sono stata accolta divinamente dai monaci di Stignano che mi hanno dato molto di più di quello di cui avevo bisogno e non ho pagato niente. Oggi vengo accolta in una stanza “fredda” (umanamente parlando) da un ordine di monache che mi chiede un prezzo più da turista che da viandante, ma non sono arrabbiata. Non tutti i giorni sono uguali. Per questo bisogna gioire quando la vita ci regala dei momenti di felicità, e pagare il prezzo dei giorni meno idilliaci, prendendo sempre il buono di ciò che abbiamo, in qualunque situazione ci troviamo. Nutrire dentro di noi un sentimento di compassione, anche nei confronti di chi non ci capisce o non ci da ciò che noi vorremmo, perché in fondo, le suorine hanno fatto del loro meglio, per farmi stare bene.

Il giorno seguente è il grande giorno. Dopo la colazione sotto un cielo grigio e con qualche leggera goccia di pioggia mi incammino. L’ultimo giorno mi aspetta. Percorro strade secondarie e di campagna dove posso ammirare la bellezza dei fiori, i muretti a secco, ancora tanto verde intorno a me. Ancora una volta la traccia gps mi porta per un sentiero nel bosco, ma arrivata ad un certo punto il sentiero si perde e mi ritrovo con i soliti rovi da affrontare. Poi un sali e scendi per il costone destro e sinistro nel tentativo di ritrovare un sentiero più o meno visibile e percorribile. Ci metto un’ora per fare 1,5Km in queste condizioni. Ma è solo un momento. Uscita dal bosco riesco ad individuare la traccia e torno a percorre agevolmente strade sterrate che passano accanto ad alcune cave di tufo. Sono nel Parco Nazionale del Gargano. Mancano gli ultimi 6Km. La voglia di arrivare va in crescendo, le energie un po’ meno. E’ un percorso tutto in salita e capisco perché Monte Sant’Angelo è la Montagna Sacra. Con il sudore sulla fronte e i muscoli che tirano raggiungo il punto più alto. Davanti a me da un lato il panorama sul Golfo di Manfredonia, dall’altro lui: Monte Sant’Angelo. Improvvisamente dopo una giornata grigia compare il sole. L’ennesimo segno o segnale di benvenuto? Giunta nei pressi del castello sono a mille. Intravedo già il campanile della chiesa e lo sperone di montagna dove il santuario è situato. Un posto incredibile! Una discesa, finalmente mi porta sotto la porta d’ingresso dove il guerriero delle milizie celesti da lassù mi guarda. Lo ringrazio per avermi protetto nel mio cammino e come diapositive scorrono nella mente tutti i giorni e le situazioni vissute. Inevitabilmente l’emozione segna dolcemente il mio viso. Scendo giù, nella grotta. Avverto una energia e un senso di potere enorme. Non più emozione, ma un senso di potere. Forse avverto la presenza dello spirito del guerriero che mi ha aiutato a trovare la mia strada, il mio cammino. E’ proprio da qui che ha preso forma e poi vita l’associazione ed il logo di Meditazioni in movimento…..

Per leggere il racconto della prima parte: La Via Micaelica parte1

Per leggere il diario della seconda parte: La Via Micaelica parte2

Per leggere il racconto della terza parte: La Via Micaelica parte3

Per leggere il racconto della quarta parte: La Via Micaelica parte4

Per leggere il diario della quinta parte: La Via Micaelica parte5